mercoledì 14 novembre 2012

LA PROPRIA STATUA INTERIORE

"Non smettere di scolpire la tua propria statua interiore"
Leggiamo un brano di Plotino, grandissimo filosofo greco del III secolo d.C., e poi diremo qualche parola di commento.
"Come si può vedere la bellezza dell'anima buona?
Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non smettere di scolpire la tua propria statua interiore, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro.
... Se tu sei diventato completamente una luce vera, non una luce di grandezza o di forma misurabile che può diminuire o aumentare indefinitamente, ma una luce del tutto senza misura, perché superiore a ogni misura e a ogni qualità; se ti vedi in questo modo, tu sei diventato ormai una potenza veggente e puoi confidare in te stesso. Anche rimanendo quaggiù tu sei salito né più hai bisogno di chi ti guidi; fissa lo sguardo e guarda: questo soltanto è l'occhio che vede la grande bellezza.
Ma se tu vieni a contemplare lordo di cattiveria e non ancora purificato oppure debole, per la tua poca forza non puoi guardare gli oggetti assai brillanti e non vedi nulla, anche se ti sia posto innanzi un oggetto che può essere veduto. È necessario, infatti, che l'occhio si faccia uguale e simile all'oggetto per accostarsi a contemplarlo. L'occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse già simile al sole, né un'anima vedrebbe il bello se non fosse bella.
Ognuno diventi dunque anzitutto deiforme e bello, se vuole contemplare Dio e la Bellezza" (Enneadi I, 6, 9).
Fonte : http://www.lameditazionecomevia.it/plotino.htm

COMMENTO

Interessante, e molto, questo brano di Plotino. La cosa significativa da evidenziare è l’idea che la bellezza si raggiunga per sottrazione, per asportazione, pulitura.
Il filosofo insiste sul fatto che ciò che è dentro l’uomo è superfluo, ridondante, dannoso. Curiosamente questo approccio è anche quello di tanta spiritualità orientale, buddista ed induista e, a anche se misconosciuto troppo spesso, anche dalla tradizione cristiana.
Ma cosa ancor più originale, è di fatto quello che anche la psicologia analitica riscontra nella sua prassi terapeutica. E’ attraverso lo scrollamento da reazioni dannose, da emozioni negative, dalla liberazione di continue insofferenze verso ciò che incontriamo nella nostra vita, che si giunge all’equilibrio, alla serenità ed infine alla felicità.
E’ dal passaggio dal no al sì che si attua il cambiamento. I troppi no che diamo alla realtà delle cose ci porta in una condizione di insoddisfazione totale, alla nevrosi più acuta, alla rabbia e alla paura. Mentre i sì che riusciamo a dire alla vita ci portano verso la positività, la libertà e la pienezza.
Plotino dice “….Se tu sei diventato completamente una luce vera “ ricordando ancora una volta che le nostre sovrastrutture sono nubi oscure che nascondono la luce…e come uno scultore sottrae “materia” per dare forma alla bellezza e alla perfezione, così noi sottraendo materiale alla nostra mente ego-centrata, creiamo spazio perché la luce si manifesti.
La nostra mente contiene “troppe” cose che danneggiano lo spirito. Siamo chiamati a scolpire.

(EDA PERSONAL COACHING)
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LA GESTIONE DEL TEMPO

La gestione del tempo e la fretta

Non ingombratevi la mente di pensieri inutili. A cosa serve rimuginare sul passato, anticipare il futuro? Dimorate nella semplicità del momento presente.
(Dilgo Khyentse Rinpoche)

Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. (Mt. 6.31-32)

Cosa è la fretta? Lo sappiamo tutti. E’ quella sensazione di urgenza che preme sulla nostra mente che ci dice che siamo in ritardo, che dobbiamo sbrigarci, che non possiamo perdere tempo.
Il problema è che poi invece “questo” modo di pensare ci fa davvero perdere tempo! Perché?
Perché quando cominciamo ad avere questi pensieri, queste “preoccupazioni” cominciamo a rallentare. Oh, certo, non lo facciamo apposta…ma il punto è che ci prende l’ansia e cominciamo a perdere in efficienza e velocità. Più vogliamo fare in fretta e meno ci riusciamo, cronologicamente parlando.
Provate a digitare su una tastiera presi dalla fretta….a meno che non siate un dattilografo provetto, più accelererete più errori farete…..perché il comando che vi sta spingendo ad aumentare il ritmo vi fa perdere la fluidità dell’azione. Provate la stessa cosa con qualsiasi lavoro….e vedrete i pasticci che si combinano.
Cosa accade nella mente? Accade che mentre state facendo quella cosa che state facendo, e la state facendo bene, vi viene in mente: va’ più in fretta! Sbrigati! Dai, accelera!
E questo cosa fa? Introduce un nuovo elemento nella mente, che ora dispone di meno “spazio” mentale per fare ciò che stava facendo….il comando che avete introdotto, invece di aiutarvi vi danneggia.
Questa è la ragione per cui non serve il cosiddetto “pensiero positivo”…ma serve il “non” pensiero….La mente funziona come una ruota….meno cose ci sono….meglio rotola.
Ecco quindi spiegato sia il monito di Dilgo Khyentse Rinpoche che quello di Gesù: smettiamola di pre-occuparci di ciò che non serve al momento pensare.
Il nostro tempo verrà ben impiegato se non disturberemo la nostra concentrazione con “altro” che non serve….Se pensiamo ad essere in ritardo….stiamo pensando ad altro, se pensiamo che dobbiamo sbrigarci, pensiamo ad altro……

La fretta è nemica della velocità.

(EDA Personal Coaching)
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LA CAUSA DELLA FRUSTRAZIONE E DELLA PAURA


"La causa della frustrazione e della paura" (Jiddu Krishnamurti)

"Sia che si cerchi di sopravvivere in quanto individuo o nazione; sia che si vada da un maestro, un guru, un salvatore; sia che si segua una particolare disciplina, o si cerchi qualche altro mezzo per migliorarsi, ognuno di noi non sta forse cercando, nel suo modo più o meno limitato, una qualche forma di soddisfazione, continuità, permanenza? Allora chiediamoci non cosa cerchiamo, ma perché cerchiamo. E domandiamoci se sia possibile per tutte le ricerche arrivare a una fine, non attraverso la costrizione o la frustrazione, o perché abbiamo trovato, ma perché l'esigenza di cercare si è completamente esaurita.
[...] Siccome siamo scontenti e insoddisfatti, ricerchiamo la contentezza, la soddisfazione: fino a che ci sarà questa urgenza di soddisfazione e gratificazione, allora saranno sempre presenti la ricerca e la lotta. L'urgenza di essere appagati è accompagnata sempre dall'ombra della paura, non siete d'accordo?
[...] Il desiderio di realizzare è la causa della frustrazione e della paura, e arriverà a una fine solo quando vedremo chiaramente il significato di appagamento. Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall'uno all'altro; ma con la fine del divenire, allora l'essere sarà" (da Il silenzio della mente, pp. 168-169).

http://www.lameditazionecomevia.it/causapaura.htm

COMMENTO

Bellissimo brano di Krishnamurti. La ricerca di soddisfazione è appunto…….una ricerca. Dice Krishnamurti “Il desiderio di realizzare è la causa della frustrazione e della paura” e poi ancora più illuminante “Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall'uno all'altro; ma con la fine del divenire, allora l'essere sarà".
Quello che ci vuole dire che la “tensione” è sofferenza. Solo quando si è “non tesi” cioè, si direbbe in EDA non soggetti a NED, allora l’Essere sarà.
Sembrano concetti molto spirituali ma sono in realtà semplicissimi…Quando fai pensi o lavori, dovresti stare solo su quello che fai , che pensi, o sul lavoro che stai facendo.. Ma se quando fai, pensi: “ lo sto facendo bene?” “riuscirò a farlo?” “sono troppo lento a farlo” ecc, allora resterai in tensione. Se d’altro canto pensi “sarò felice quando l’avrò fatto” “ avrò stima di me quando l’avrò fatto” allora sei nella mani di quello che stai facendo…stai consegnando la tua “essenza” al risultato di ciò che fai….
Tutti questi pensieri non essenziali all’attività sono ciò che causano sofferenza e sono sempre espressione di un bisogno….Ovviamente, meno “bisogni” hai, e più libero sei.
(EDA Personal Coaching)
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EDA E LA STRUTTURA DEL PENSIERO



Il metodo EDA opera sulla struttura del pensiero e del linguaggio che lo esprime.

Come abbiamo più volte sottolineato il pensiero è veicolato dal linguaggio anche quando rimane a livello mentale e non viene espresso.
Possiamo con una certa approssimazione dire che senza un linguaggio non si possa pensare…se non per immagini, suoni e sensazioni, ma il “significato” che diamo a ciò che sperimentiamo, è portato dal linguaggio.
Esiste quindi una diretta connessione, intima, costantemente saldata, tra pensiero e linguaggio.
Come chi ci legge già sa, il metodo EDA (Emotional Deprogrammino Approach) opera per mezzo del linguaggio al fine di modificare le strutture di pensiero e quindi anche per modificare in primis quelle “negative” responsabili degli stati d’animo sgradevoli.
Per fare questo il metodo EDA va alla ricerca di quelli che sono definiti in EDA, NED (Nuclei Emotivi Disturbanti)
I NED sono in buona sostanza ciò che la mente pensa ESATTAMENTE in un certo momento e che da’ esattamente lo stato d’animo corrispondente al pensiero collegato.
La forma dei NED può essere di QUALSIASI tipo e questo ne rende la ricerca l’aspetto più complesso della metodologia.
Avendo il linguaggio un suo preciso significato, ciò che mente pensa lo “realizza” creando le situazioni mentali che quel pensiero esprime.
Se ad esempio una persona sta pensando “ ho un terrore folle di quella cosa”, la saldatura tra pensiero e linguaggio farà realizzare quella cosa, e la persona proverà terrore.
Se una persona, di fronte ad una situazione che appare senza via d’uscita pensa “ non c’è niente da fare, è tutto inutile” creerà la convinzione che la frase esprime e sperimenterà lo stato d’animo relativo: la depressione.
Questo vale per tutti i pensieri-NED che la mente può produrre. E vale ancor di più se tali pensieri operano sotto il livello della coscienza e la persona non li riconosce e non li percepisce.
Il metodo EDA cerca questi NED e li affronta con una metodica abreativa, che consiste nel portare alla coscienza il NED e ripeterlo. Questo fa sì che il NED, dapprima carico dell’emozione che la frase manifesta, sotto l’effetto della abreazione vada a depotenziarsi e scaricarsi di energia, fino a diventare assolutamente innocuo ed ininfluente.
Questo approccio deprogrammativo funziona sempre, sistematicamente, a patto che il NED sia ben individuato e non solo approssimato. L’effetto che la tecnica ripetitiva ha sul NED è risolutivo. Nessun pensiero, anche il più negativo e sconsolante, può mantenere la sua energia sotto l’attacco della abreazione ripetitiva
Ragione per cui è in grado di risollevare ad esempio una persona cronicamente depressa in pochi minuti, sempre che il NED sia individuato correttamente.
Questo appare alla lettura incredibile, ma tale incredulità è dovuta al fatto che non si è mai studiata la mente da questo punto di vista…..Si è sempre pensato che la mente ragionasse per concetti e quindi manipolando i concetti si ottenessero facilmente variazioni nella struttura del pensiero e del comportamento.

Ma non è così.

La mente, parliamo di quella emozionale e non di quella razionale, pensa per emozioni-parole e lega questi due elementi in modo preciso, saldandoli in simbiosi.
Lo sforzo fatto dalla psicologia di operare con la logica, la comprensione dei comportamenti (es: tu reagisci così perché hai avuto un influsso dai tuoi genitori che ti hanno reso difficile prendere decisioni) sperando che il pensiero razionale rielabori il significato e si liberi del comportamento indesiderato, NON funziona, per la semplice ragione che la mente emozionale, anche se informata della causa del suo comportamento, continuerà a “pensare” ogni volta che deve prendere una decisione “non sbagliare!!!” e tale comando (NED) si attiverà indipendentemente dal pensiero dell’altra mente che dice: puoi decidere.
In EDA ci limitiamo ad attaccare il NED che dice “non sbagliare” e lo deprogrammiamo. Dopo di ciò la persona potrà decidere senza impedimenti.

LA DUALITA' E' CREATA DAL LINGUAGGIO


"La dualità è creata dal linguaggio" (Osho)

[...] La dualità è creata dal linguaggio. State camminando, il Buddha dice che esiste solo il camminare. State pensando, il Buddha dice che c'è solo il pensare, non colui che pensa. Il pensatore è creato dal linguaggio. Poiché usiamo un linguaggio basato sul dualismo, ogni cosa viene divisa in dualità.
Mentre pensate, c'è un gruppo di pensieri, bene - ma non c'è colui che pensa. Se veramente desiderate comprenderlo, dovrete meditare profondamente e arrivare a un punto dove il pensare scompare. Nel momento in cui il pensare scompare sarete sorpresi: anche colui che pensa non c'è più. Il pensatore scompare insieme al pensare. Era solo un'apparenza di pensieri in movimento.
State guardando un fiume. Esiste veramente quel fiume oppure è solo un movimento? Se toglieste quel movimento, ci sarebbe ancora il fiume? Una volta tolto il movimento, il fiume scomparirebbe. Non è il fiume che si muove, il fiume non è altro che lo 'scorrere'" (da La disciplina della trascendenza, pp. 297-298).

Fonte. http://www.lameditazionecomevia.it/dualingua.htm

COMMENTO

Si è spesso sentito parlare della dualità e di come questa non sia cosa “buona” . Tutto l’insegnamento spirituale orientale ed anche occidentale mette in guardia dal dualismo. Il problema nasce quando si cerca di definire e far capire cosa sia il dualismo e perché questo non gode di buona reputazione presso guru e maestri spirituali.
Qui noi ci occupiamo di coaching e non desideriamo più dello stretto necessario, entrare nelle questioni filosofico-religiose. In questo caso lo facciamo perché è utile fare chiarezza su questo aspetto.
Il dualismo, o meglio il pensare in modo dualistico consiste sostanzialmente nel creare categorie, classificazioni su tutto quanto possa esser percepito e pensato. Questa operazione viene fatta dalla mente per poter “pensare” e per poter comunicare attraverso il linguaggio.
Il linguaggio è infatti necessario per poterci intendere sulle cose. Se chiediamo ad un’altra persona: “passami un bicchiere d’acqua”, occorre necessariamente condividere il concetto di bicchiere, il significato sottinteso a “passare” e il concetto “d’acqua”. Questo vale per tutto ciò che comunichiamo.

Fino a qui si potrebbe dire: bene, e cosa c’è in questo che non va?

Il punto è comprendere ciò che ostacola o favorisce il senso di benessere. Ebbene accade che quanto più la mente è “impegnata” tanto meno si apprezzano le esperienze.
Per fare un altro esempio, se quando ci mettiamo a tavola invece di rilassarci e mangiare senza “pensare troppo”, continuiamo a rimuginare sui problemi che ci stanno assillando, è garantito che non ci accorgeremo di quello che siamo mangiando, percepiremo il gusto in modo distratto ed approssimativo e non godremo appieno della qualità di ciò che stiamo gustando. Questo avviene anche quando ascoltiamo musica, o vediamo la televisione o leggiamo un libro o semplicemente stiamo passeggiando per un parco, presi da altri pensieri. Quello che viene fortemente limitato dal nostro lavorìo mentale è la capacità di godere di quello che stiamo sperimentando. Perché avviene?

Perché stiamo intensamente lavorando con ALTRI elementi invece che essere attenti a quelli che ci sono. Il dualismo è dato dalla nostra scissione interiore: viviamo contemporaneamente su mondi differenti.
Ma la medesima cosa avviene se ad esempio guardiamo un oggetto e invece di osservarlo e basta, lo confrontiamo con il nostro “concetto” dell’oggetto: non riusciremo ad osservarlo come esso è. Ogni qualvolta facciamo considerazioni su ciò che osserviamo invece di osservare, ne perdiamo una parte.
Poniamo di osservare un’automobile nuova. Potremmo osservarla senza pensare se ci piace o no, rimanendo puri osservatori, girando lentamente intorno alla vettura, aprendola per vedere come è stata fatta e così via. Ma se cominciamo ad osservare le varie parti ed a confrontarle con il nostro giudizio estetico, la nostra idea di funzionalità, le nostre concezioni di come deve essere un’auto, avremo la mente occupata ad operare su due immagini (dualismo), quella reale e quella mentale……e così facendo ci perderemo moltissimo piacere consistente nell’ “assorbire” lo spirito con cui la vettura è stata realizzata…la nostra esperienza sarà molto più povera e fredda e alla fine insoddisfacente a causa delle barriere poste dal nostro “valutare”.
Quindi il “pensare” mentre di fa, si percepisce, si mangia, si ascolta, si odora, si vede, riduce di molto la qualità delle percezioni.
Ancor peggio accade se di fronte ad un’esperienza, nella nostra mente si forma un giudizio etico, se cioè ciò che stiamo sperimentando viene da noi classificato come buono o cattivo, giusto o sbagliato. Questo fa sì che tutta l’esperienza venga modificata alterata e perfino stravolta.
Se veniamo invitati ad una festa, ad esempio, e ci facciamo l’idea che essa non ci piacerà, che ci saranno persone che non amiamo e non vogliamo vedere, e così via, quella esperienza non solo non ci darà alcun piacere né felicità ma anzi c’è perfino la possibilità che provochi in noi anche dei traumi, delle sofferenze che potrebbero poi permanere in noi per molto tempo.

Ecco che quindi risulta in tutta la sua evidenza la ragione della critica al dualismo: esiste un mondo che è quello che è, e poi esiste un mondo mentale, che è una rappresentazione personale e distorta di ciò che il mondo è, dove esistono le idee di come le cose dovrebbero essere, vorremmo che fossero e così via.
Tutto ciò che nel reale si distanzierà da ciò che noi vogliamo ci porterà verso l’insoddisfazione. Tutto ciò che nel reale si avvicinerà a ciò che noi vogliamo, creerà attaccamento e dipendenza.
Se invece il reale viene sperimentato per quello che da’ e che è senza desiderarlo nè respingerlo, senza frapporvi la mente, saremo in grado di sentirlo e viverlo con pienezza.

EDA Personal Coaching

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