sabato 8 ottobre 2016

SEI IL NUMERO UNO

sei il "numero uno" quando fai il tuo meglio con ciò che hai ogni giorno. 1926 - Zig Ziglar



COMMENTO

Ecco un concetto semplice ma vero e liberatorio. Fare del PROPRIO meglio. Allora sei il massimo. Se ti metti a correre i 100 metri contro il campione del mondo, perderai contro di lui. E’ inevitabile. Ma quando corri, fai del tuo meglio? Allora sei un numero uno.

Allo stesso modo, se fai del tuo meglio nella tua vita, nel tuo lavoro, nella tua famiglia allora sei un numero uno. Puoi anche vincere i 100 metri ma se lo fai contro un bambino di 5 anni e lo fai passeggiando, che vittoria hai ottenuto?

C’è una parabola nel Vangelo che dice che nel giorno del giudizio si valuterà come hai usato i tuoi talenti che erano una moneta del tempo, ma che sono anche i talenti così come oggi li intendiamo. E Gesù racconta che a colui che aveva avuto un solo talento ma non lo aveva fatto fruttare, gli si toglierà anche quello che aveva avuto. Mentre a chi ne aveva avuti 5 e li aveva raddoppiati gli verrà dato il premio.

Morale: Fa’ del tuo meglio, sempre. E sarai un numero uno.

martedì 2 agosto 2016

BLOCCHI DELLA MENTE E VELOCITA' DI GUARIGIONE



Mi viene spessa avanzata da chi viene in contatto iniziale con i principi di funzionamento di EDA, l’obiezione di fondo che non sia possibile risolvere i problemi della mente in poco tempo o peggio in pochi minuti. La convinzione generale è che occorrano lunghissimi e pluriennali rapporti con psicoterapeuti e psicologi per poter “sviscerare”  adeguatamente e portare alla luce conflitti e blocchi che la persona ha sviluppato negli anni e poterli poi risolvere. Terapie di anni ed anni.

L’ho creduto anch’io per molto tempo fino a quando l’evidenza mi ha dimostrato una realtà differente.

Una considerazione preliminare andrebbe fatta. Gran parte delle persone che si ritrovano afflitte da panico ed ansia forte, “esordiscono” con un singolo episodio, generalmente di panico, che piomba apparentemente come un fulmine a ciel sereno. Prima di allora nessun problema. Spesso proprio nessuno.

Questo “esordio”  violento ed inaspettato da’ forza all’idea che sia successo qualcosa a livello biochimico-genetico che abbia causato questo, ma poi, quando si comincia la psicoterapia vengono fuori le ragioni che hanno portato alla crisi. E ci sono sempre. Ma nessuno si domanda mai: ma perché una cosa che si manifesta in mezz’ora rovinando da lì in poi l’esistenza, richiede poi così tanto tempo per essere debellata? Perché non può andarsene come è venuta, rapidamente? Tra l’altro, se la farmacologia è ben concepita, è in grado di far sparire i sintomi nel giro di poco tempo. Perché non può esserci un modo per uscirne rapidamente senza bisogno dei farmaci?

La spiegazione più ovvia è che il “tracollo” sia stato preceduto da un accumulo di pressioni che hanno determinato la “caduta” nel panico, e che quindi il crollo sia solo l’ultimo atto di un processo iniziato da tempo.

Questa spiegazione non da’ però conto del fatto che la mente non è un osso che sopporta certe sollecitazioni e non oltre…..la mente è molto elastica ed immateriale e ciò che una persona considera insopportabile, un’altra la può considerare perfino divertente. Come può essere che fino ad un attimo prima tutto andava bene e poi “sbrang” viene giù tutto?

Ciò che succede è altro. Accade una cosa che è improvvisa e violenta: ci si spaventa a morte.

Perché accade? Perché la mente ad un certo punto fa una considerazione, un ragionamento, che la porta ad un punto, ad una conclusione, che da quella situazione non si può più uscire. Una conclusione di assoluta impossibilità.

Le cause scatenanti possono essere diversissime, ma ciò che accade è che la mente inconscia si rende conto, o meglio si auto-convince, di essere entrata in una situazione senza uscita, una trappola. E si spaventa. Poiché questa considerazione è considerata “vera”, DA QUEL MOMENTO la persona è spaventata, e continuerà a spaventarsi di essere spaventata. Da quel momento il pericolo sarà visto ovunque.
Avviene che ciò che ha spaventato la persona originariamente non sia nemmeno più importante….da quel momento è la paura che comanda. Questa paura non è logicamente strutturata, non è composta da un ragionamento complesso ed articolato, ma è composto da “comandi” che la mente subconscia urla ed impone alla mente razionale.
La paura che assale una persona che esce all’aperto non è composta da considerazioni circa il pericolo reale che può esserci nell’uscire di casa. Ogni persona che soffra di questa paura, sa benissimo che non c’è un reale pericolo…non si tratta di attraversare un fiume infestato da coccodrilli affamati, eppure la mente in modo violento e rozzo urla la sua paura. Quello che determina la paura è un comando che ha una struttura semplice, breve e perentoria.

Il punto iniziale del “crollo” che sfocia spesso in un attacco di panico, è come dicevo sopra, dato da una considerazione, un processo di pensiero che porta ad una conclusione “terrorizzante”. Può per esempio essere una malattia di un genitore, un fatto anche poco impattante sul lavoro, una delusione amorosa, ma la mente, nel suo subconscio, pensa che sia successo qualcosa di grave. Questo può anche non essere affatto vero, ma è vero per la mente in quel momento e….tracolla. Spesso, quel ragionamento tracollante non sarà più vero dopo un po’ di tempo e quindi a logica, non dovrebbe più tenere nell’ansia la persona, ma quello che il tracollo fa e lo fa fin troppo bene, è distruggere la fiducia della persona nella sua capacità di affrontare la vita. La mente le propina una serie di “concetti” di paura ed invalidità e come un virus, questo modo di considerare gli eventi della vita si diffonde a tutto: situazioni, rapporti, persone, cose.
A questo punto una “psicoterapia” che si faccia carico di andare a ristrutturare tutte le aree di sfiducia e paura di una persona diventa per forza di cose di dimensioni monumentali. La persona in analisi deve dapprima contrastare la sua sfiducia in sé suffragata da anni di tentativi falliti, con enorme sforzo di volontà, poi deve affrontare le cose di cui ha preso ad avere paura, una ad una, e  poi deve stabilizzarsi su un nuovo modo di vedere le cose…..

In realtà le cose sono più semplici, grazie a Dio. Le reazioni che la persona ha di fronte alle sue paure, hanno un grande pregio: sono sempre le stesse. La mente ha maturato un certo modo rigido di reagire alle situazioni e usa sempre quelle. E questa è una cosa che facilita molto. In realtà avviene che di fronte a certi stimoli, la mente “pensa” sempre la stessa cosa, normalmente in modo fobico. La sfiducia che la persona matura sulle proprie capacità non è esistenziale, ma fortemente vincolata all’osservazione delle sue reazioni di fronte alle sue paure. Ne consegue che se si riesce ad eliminare il meccanismo automatico che scatta di fronte alle situazioni fobiche, CAMBIA radicalmente l’idea che la persona ha di sé. La percezione di sé dipende dall’esperienza negativa accumulata. Cambiando il modo in cui la persona reagisce alla precedente situazione fobica, cambia completamente la percezione di sé. In modo quasi istantaneo.

Inversamente la psicoterapia parte dall’assunto che occorra prima cambiare la percezione di sé per poter poi vincere le fobie. Strada possibile ma lunga, troppo lunga. E’ invertita la causa con l’effetto. La causa della disistima è il vivere nella paura. Togli la paura e la stima torna. Subito. Operando quindi DIRETTAMENTE sulle paure, si rialza la fiducia e la stima nelle proprie capacità. Strada breve, molto più breve. 


giovedì 28 luglio 2016

INSEGNARE A PESCARE

Insegnare a pescare

Viviamo in un mondo turbolento ed ansiogeno e tale situazione si riverbera nelle menti di ognuno di noi. La vita non è sempre rose e fiori, anzi, raramente lo è.
La TV, internet, i giornali, ci scaraventano addosso di tutto. Accade che un solo singolo episodio ci venga sbattuto per ore, notiziario dopo notiziario, video dopo video, per informarci, apparentemente, ma di fatto per creare allarme e paura.

Oltre a ciò ci sono i problemi e le situazioni personali....e gli eventi che la vita ci presenta davanti.....problemi di lavoro, affettivi, di salute e prima  o poi, di perdita di persone care.

Di fronte a tutto ciò mantenere la rotta e la calma o, peggio, l’ottimismo, appare opera impossibile.

Si fa strada l’angoscia, la paura, il terrore perfino. E si comincia a stare male.

E quando si comincia a stare male le cose peggiorano ulteriormente...non si riesce più a vivere bene, ad avere voglia di affrontare la vita...si vedono solo pericoli e difficoltà...e l’umore scende, scende, scende...e la vita si avvita sempre di più verso il basso....

Ti stai riconoscendo? Sì? Ok! STOP.

Non una sola parola di ciò che hai letto è vera.
Non una sola parola di ciò che hai letto è falsa.

Come è possibile ciò?

Perché esistono due realtà: quella che c’è fuori e quella che c’è dentro di noi.

Se accade qualcosa di cui non vieni informato ne soffri? No, evidentemente. Se ne vieni informato ne soffri? Sì e no, dipende dall’evento, giusto? Perché quanto più lo “senti” lontano da te, tanto meno ne soffri, quanto più lo senti vicino , tanto più ne soffri, non è così?

Se noi ci sentissimo vicini a tutte le cose del mondo, impazziremmo. Saremmo sconvolti dagli attentati terroristici, come dagli incidenti stradali; dalle catastrofi naturali come dalla malattia di una qualsiasi persona dall’altra parte del globo.

C’è chi dice che le persone più sensibili sono quelle che soffrono di più. Vero. Ma la sensibilità è davvero un valore?

Lo è, ma bisogna intendersi. Se una persona è “sensibile” perché sta male ogni qualvolta che c’è qualcosa che non va, questa persona diventa un peso per se stessa e per gli altri...Ci troveremo facilmente nella condizione che "non possiamo più dirle nulla, perché senno’ si turba”, un po’ come i bambini, con la differenza che loro il diritto alla serenità, almeno finché non sono cresciuti ed hanno creato il loro nucleo di personalità, ce l’hanno eccome!

Ma come si può mandare avanti una vita se si è “sensibili” in questo senso? Evidentemente non si può.

Diversamente è il caso di chi  è “sensibile” perché cerca di migliorare una situazione, cerca di fare qualcosa...La persona insensibile non è quella che “non soffre” delle tragedie del mondo, ma è quella che “non è interessato” alle tragedie del mondo e non se ne cura, anzi magari le facilita con i suoi comportamenti.

Diverso è il caso delle persone che di fronte alla sofferenza reagiscono per eliminarla o ridurla, pur mantenendo la serenità e la positività necessaria per agire.C’è un detto famoso su questo: se dai ad un affamato un pesce, mangerà  per un giorno, se gli insegni a pescare, mangerà per tutta la vita.

Qui si cerca di insegnare a pescare.

Buona pesca! 

Vuoi fare il primo passo? Fatti un check up psicologico da solo, che nessuno può leggere. Fatto questo potrai cominciare a capire quali sono le aree su cui dovresti "lavorare" per migliorare. Se vuoi......vai qui

domenica 15 maggio 2016

USCIRE DAL QUI ED ORA


Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”.(Mt:6,34)
Ci sono momenti in cui tutto ci riesce facile e fluido, quasi che avessimo un tocco magico sulle cose,ed altri in cui non riusciamo a fare bene nemmeno le cose più semplici. Tutto diventa difficile e macchinoso
Avviene inoltre che quando abbiamo più preoccupazione, abbiamo più interesse a far sì che le cose vadano bene, quasi sempre andiamo peggio, facciamo più errori e le nostre performances si riducono.
Cosa determina questa differenza?
Sembra quasi che un demone interno dispettoso e beffardo si diverta a metterci il bastone tra le ruote, proprio quando meno lo vorremmo.
Perché?
La risposta che diamo tutti è dire che quando ci si tiene molto ad una cosa si è più agitati. Vero. Ma cos’è l’agitazione? Come funziona?
Quando stiamo facendo qualcosa senza pensare se quello che facciamo è molto importante, lo facciamo bene, fluidamente, brillantemente, se lo padroneggiamo tecnicamente. Questo avviene perché siamo completamente assorbiti da ciò che siamo facendo. Se stiamo ad esempio facendo un lavoro che sappiamo fare, come montare un mobile, staremo attenti a ciò che stiamo facendo ma non staremo a pensare che se dovessimo sbagliare qualcosa ciò ci comporterebbe delle pesanti e negativi conseguenze…. Potremmo sempre rismontare e rimontare……. Siamo concentrati su ciò che stiamo facendo, senza problemi.
Ma se la stessa attività fosse osservata da un nostro parente che facesse il mobiliere, forse cominceremmo ad essere meno tranquilli….Cominceremmo a pensare che lui potrebbe notare i nostri errori, considerarci poco capaci, un po’ imbranati…e magari potremmo fare qualche sbaglio grossolano e fare una brutta figura….Cominceremmo a sentire quel fastidio, quella tensione che sappiamo di solito non avere…anche se il nostro parente non fosse assolutamente interessato a monitorare la nostra attività per giudicarci. Il lavoro comincerebbe a diventare faticoso quando normalmente è divertente…sentiremmo una tensione anche muscolare, una fatica a concentrarci…ed altro ancora.
Cosa è successo?
Abbiamo perso il qui ed ora e siamo andati nel futuro e nel passato. Non solo ma abbiamo fatto una cosa assolutamente deleteria: abbiamo occupato la mente con altre cose che non c’entrano con il montaggio del mobile. E logicamente, abbiamo ridotto il tempo che il nostro cervello dedica al lavoro di montaggio. Il centro dell’attività mentale è stato occupato da pensieri come: E se adesso sbaglio qui? Cosa penserà? Poi va a finire che mi prende in giro con tutti per mesi….Ma perché non se ne va di la’ a vedersi la TV? Dunque dove ero rimasto? Aspetta che rileggo le istruzioni….penserà che sono stupido…
Ovviamente ora stiamo esagerando, ma l’anatomia della distrazione e dell’ansia è proprio questa.
La mente quindi esce dal presente, da ciò che ha di fronte e corre nel futuro o nel passato, o, per meglio definire il meccanismo mentale, occupa la mente con cose che ha appreso in passato o che ritiene possano accadere in futuro. E’ di tutta evidenza che se “penso” a qualcos’altro che non sia come montare pezzo per pezzo il mobile, attimo dopo attimo, perdo di concentrazione ed efficienza.
Lo “stato di grazia” è dato proprio da quei momenti in cui non ci si preoccupa delle conseguenze e dei rischi delle azioni che si stanno facendo ma si pensa unicamente a fare al meglio le cose che si stanno facendo.
La perdita dello “stato di grazia” non avviene solo quando ci si fa preoccupare dall’esito di ciò che stimo facendo, ma ANCHE quando ci facciamo prendere da troppa sicurezza,

Perché?

Perché la troppa sicurezza è ancora una volta un’uscita dal qui ed ora. La troppa sicurezza prende il posto della concentrazione e comincia a girare nella mente con i suoi concetti di vanagloria…”ma cosa vuoi che sia…è fin troppo facile…ci vuole altro per mettermi in difficoltà….è una sciocchezza….Ovviamente queste ed altre considerazione vanitose, sono processi di pensiero che “prendono il posto” del qui ed ora, e….riducono le capacità di operare. Sono fughe nel passato….ricordi di quando si è avuto successo, di quando ce l’abbiamo fatta…Ed infatti è così che ad esempio squadre che avevano già vinto una gara importante si sono fatte raggiungere e superare: per eccesso di sicurezza.
Ecco perché per ottenere le migliori perfomances nella vita non occorre autoipnotizzarsi con “pensieri positivi” che diventano disturbanti come i pensieri e le convinzioni negative, ma occorre cancellare tutti quei processi mentali che portano nel passato o nel futuro, tutti quei pensieri che sono ansia o ricordo.

Quanto più la mente è vuota, tanto più è efficiente.

domenica 7 febbraio 2016

I NEMICI DELLA MENTE



Levy scrive ne il Fuoco Liberatore: "Non lasciare che nessuno assuma potere nella tua anima".-. E’ interessante questo concetto.
Cosa determina il potere nella nostra anima?
In effetti la domanda è malposta, perchè di fatto quello che occorre capire è cosa sia il potere e come si manifesta. J.K.Galbraith scrisse un saggio divenuto famoso che si intitolava “Anatomia del potere” in cui l’autore identifica tre modi di esercitare il potere: quello coercitivo, quello remunerativo e quello condizionatorio. Ovviamente il suo libro trattava del potere in senso lato, nella società e nella politica,
ma tale tripartizione vale anche nel campo della mente.
Siamo vittime del potere coercitivo quando abbiamo paura. Ogni paura ha un aspetto coercitivo-punitivo, dato dalla manifestazione della paura stessa che crea la sofferenza per far ottenere alla persona il comportamento voluto dalla paura.
Chi vive nella paura ne è schiavo, ovviamente.
Il potere remunerativo è dato dalle ricompense che la nostra mente ci offre. Sono tutti quei meccanismi che indicano quali sono le cose che fortemente desideriamo e che per averle rinunceremmo facilmente ai nostri principi, cose per le quali siamo, anche se controvoglia, disposti a compromessi. Quando abbiamo desideri da raggiungere siamo in potere di questi desideri.
Il potere condizionatorio è invece dato dalle nostre convinzioni, quelle che ci sembra di aver scelto...e sono le più subdole, perchè non ne capiamo il potere su di noi. E’ lo stesso meccanismo di chi fuma e a chi gli dice di smettere dice: ma io VOGLIO fumare.....non rendendosi conto del meccanismo che si muove sotto. Liberarsi dal potere condizionatorio è la cosa più difficile perché occorre riconoscere che le nostre convinzioni ci schiavizzano, ci ingabbiano.
Paure, desideri e convinzioni sono nell’insieme un reticolo di pensieri che ci ingabbia, ci imbriglia, ci imbavaglia. Possiamo sperimentare momenti di sollievo quando superiamo una paura, quando realizziamo un desiderio o quando una nostra convinzione è soddisfatta, ma questo sollievo che noi chiamiamo felicità è solo uno dei pochi momenti di stasi della mente....Passata una paura abbiamo il sollievo, non perché abbiamo superato un momento difficile, ma perchè smettiamo di avere paura, così allo stesso modo raggiungere un obiettivo (potere remunerativo) ci da’ gioia non perchè l’abbiamo raggiunto, ma perchè abbiamo smesso di desiderarlo...E’ la mancanza di necessità urgente nella mente che da’ la pace....pensare che la pace, la serenità ed infine la felicità siano legate al raggiungimento è un’illusione mentale.
E’ quindi il vuoto, la mancanza di pulsione che da’ l’equilibrio alla mente.