martedì 27 agosto 2013

VOLONTA' E DESIDERIO



Attaccati al volereA. Schopenhauer

Ogni volere ha origine dal bisogno, quindi dalla mancanza, quindi dal dolore. Questo cessa con la soddisfazione, tuttavia… nessun oggetto ottenuto dalla volontà può dare una soddisfazione duratura, immutabile: esso è sempre e solo come l’elemosina che, gettata al mendicante, prolunga oggi la sua vita per rimandare a domani il suo tormento.
Perciò, finché la nostra coscienza è riempita dalla nostra volontà, finché noi cediamo all’impeto dei desideri con il suo continuo sperare e temere, finché siamo soggetti al volere, non avremo mai né felicità né durevole riposo…
Quando, tuttavia, un motivo esterno o uno stato d’animo ci sottrae improvvisamente alla corrente infinita del volere, strappa la conoscenza dal servizio servile della volontà e l’attenzione non è più orientata verso i motivi del volere ma coglie le cose libere dal loro rapporto con la volontà, considerandole semplicemente rappresentazioni e non motivi, allora la pace, che sulla strada del volere è sempre cercata e mai raggiunta, è subentrata ad un tratto e noi stiamo perfettamente bene…
Questo stato è quello che ho descritto come pura contemplazione, fusione nell’intuizione, il perdersi nell’oggetto, oblio di ogni individualità, eliminazione del modo di conoscere conforme al principio di causa che coglie soltanto le relazioni; la singola cosa intuita si innalza all’idea della sua specie e l’individuo conoscente a puro soggetto del conoscere privo di volontà, e così entrambi non stanno più nella corrente del tempo e di tutte le altre relazioni.
E’ allora indifferente assistere al tramonto del sole da una prigione o da un palazzo.
(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, pp 222-223)


 


Qui Schopenhauer con il linguaggio tipico della filosofia ci illustra una verità che è però molto più semplice di quanto non appaia.
Cos’è la volontà? La volontà (qui intesa) è il desiderio di ottenere un risultato. Cosa pensiamo quando “vogliamo” qualcosa? Pensiamo semplicemente “voglio che” oppure “desidero che” o ancora “devo fare questo o quello” . Quello che facciamo è mettere in campo della forza mentale per raggiungere “ciò che vogliamo”.
Per fare questo, ovviamente, la nostra mente si “concentra” su questo obiettivo e si “occupa” di esso. Si tratta in sostanza di un’attività che IMPEGNA la mente.
Ciò che accade quando si è “impegnati” mentalmente, è che il resto che cade sotto i nostri sensi corporei e mentali, non viene più “ascoltato” perché per ascoltare occorre essere in silenzio, prima che verbale, mentale.
Dice Schopenhauer:” Quando, tuttavia, un motivo esterno o uno stato d’animo ci sottrae improvvisamente alla corrente infinita del volere, strappa la conoscenza dal servizio servile della volontà e l’attenzione non è più orientata verso i motivi del volere ma coglie le cose libere dal loro rapporto con la volontà, considerandole semplicemente rappresentazioni e non motivi, allora la pace, che sulla strada del volere è sempre cercata e mai raggiunta, è subentrata ad un tratto e noi stiamo perfettamente bene…”
Cogliere le cose come rappresentazioni e non motivi. Cosa significa? Significa che i motivi hanno una causa, uno scopo…si fa una cosa perché c’è una ragione, un vantaggio, un qualcosa da ottenere o da evitare. Se invece si colgono le cose come rappresentazioni, le si vede per quello che sono, e le si contempla.
Se per fare un esempio comune, guardiamo una partita di calcio da “tifosi” e vogliamo che la nostra squadra vinca, ogni volta che vedremo un’azione della squadra avversaria ben congegnata ed eseguita e che porta pericoli alla nostra squadra, ne soffriremo sensibilmente, così tanto da non riuscire nemmeno a “vedere” la bellezza del gioco avversario, perché è percepito come minaccia. Se invece osserveremo la partita come è rappresentata, privi dell’occhio del tifoso, sapremo osservare le trame di gioco, le capacità dei singoli e l’eleganza della partita in tutta la sua portata, e ne goderemo molto di più, perché non saremo più soggetti ad un motivo per osservarla. E questo vale per tutto.

Ecco che dunque quanto più riusciamo a vivere per cogliere ciò che abbiamo intorno, ad essere ricettivi, e tanto più avremo cose belle da “vedere”, e privi dell’ansia che è sempre collegata ad un desiderio, avremo una vita più ricca, infinitamente più ricca.

Sergio Davanzo - EDA PERSONAL COACHING


domenica 18 agosto 2013

PENSARE POSITIVO E PENSARE NEGATIVO

  Tutti diamo per scontato che nelle vita ci siano cose positive e cose negative, situazioni positive e negative, persone positive e negative.
Diamo ancora più che per scontato, per certo, che esistano emozioni e pensieri negativi e emozioni e pensieri negativi.

Qualcuno dubita di questo? No, vero? Beh, forse non è proprio così. Vediamo di spiegarlo….

Cosa determina che una cosa, un pensiero o una situazione è negativa o positiva? La risposta è solo una: il nostro GIUDIZIO sulla questione.

Se ad esempio desidero andare a fare ferragosto al mare, e per ragioni diverse, vado invece in montagna o rimango a casa, io darò a questo “evento” un giudizio negativo. E quanto più desidererò andare al mare e quanto più il giudizio sarà negativo.

Allo stesso modo se devo far un’operazione chirurgica valuterò questa cosa negativamente. Ovvio, no? Non tanto, perché se ad esempio questa operazione mi risolve un grave problema di salute o magari un fatto estetico, l’idea dell’operazione la vedrò come una cosa addirittura desiderabile.

Fare fatica è una cosa che cerchiamo di evitare, ma molto cercano la fatica nello sport e ne traggono piacere, perché magari fare una partita a calcio, basket o tennis, è visto come un piacere e non stiamo tanto a guardare che temperatura c’è, se sudiamo e ci fanno male le gambe….ma anche questo modo di “vedere” le cose ha a che fare con il giudizio che decidiamo di dare alla cosa….

E se parliamo di paura e panico? Ah, beh, lì le cose cambiano! Sicuri? Proprio sicuri? Perché una persona ha paura degli spazi aperti ed altri invece vanno a fare le escursioni nei deserti, privi di ogni sicurezza ed appoggio, e si divertono pure? Dove sta la differenza?

La differenza è tutta nel giudizio che la persona da’ della situazione. Una persona che ha paura degli spazi aperti da’ un giudizio “negativo” , anzi molto negativo, degli spazi aperti, mentre un amante dell’avventura ne da’ un giudizio diametralmente opposto.

Certo, la persona che soffre degli spazi aperti, NON vorrebbe sentirsi male quando vi si trova, ma non di meno, UNA PARTE della sua mente ODIA gli spazi aperti e ne ha molta, molta paura. Il fatto che questa parte sia fuori dal controllo della persona non cambia la situazione e il fatto: complessivamente quella persona ODIA gli spazi aperti.

Questo ragionamento può esser applicato per ogni pensiero ed ogni situazione…..Tutto dipende dal giudizio che diamo alle cose…

Ma cosa è il giudizio? Cosa è davvero?

Il giudizio è una sola cosa: un sì o un no, semplicemente questo. L’unica cosa che varia all’interno di questa scelta è l’intensità del sì e del no. Ed avviene che quanto più il no sarà forte, tanto più forte sarà la paura e la disperazione, se il fatto giudicato con il “no” si verifica. Allo stesso modo, quanto più il sì sarà forte, tanta più sarà la gioia che si proverà se il fatto si verifica.

Ora osservate questo. Il sì e il no sono solo due concetti, in sé non ci dicono nulla della loro intensità. Solo se il sì lo affianchiamo a qualcosa che desideriamo fortemente, acquista energia “positiva” e allo stesso modo solo se il no lo affianchiamo a qualcosa che temiamo fortemente, acquista energia “negativa”.

Quindi non è il significato delle parole che conta ( cioè se il pensiero rappresenta un sì o un no), ma l’energia EMOZIONALE che esse portano con sé, la quantità di emozione che si portano dentro.

In EDA cerchiamo i pensieri che si sono caricati di energia negativa, perché quei pensieri hanno in sé un forte giudizio negativo sulla cosa che “dicono” e li riportiamo ad emozione zero. Se ad esempio una pensiero dice: “ se esco mi sento male”, all’interno di quella frase, c’è un certo livello di energia emozionale che varia a seconda delle persone. Con le tecniche di EDA, quel livello di emozione, quale che sia, viene azzerato e alla fine del processo il pensiero: “se esco mi sento male” non avrà più alcun livello di energia, e per la persona non rappresenterà più una verità.
Sergio Davanzo - EDA PERSONAL COACHING
 

giovedì 1 agosto 2013

ANATOMIA DELL'ANSIA

Ci sono momenti in cui tutto ci riesce facile e fluido, quasi che avessimo un tocco magico sulle cose,ed altri in cui non riusciamo a fare bene nemmeno le cose più semplici. Tutto diventa difficile e macchinoso
Avviene inoltre che quando abbiamo più preoccupazione, abbiamo più interesse a far sì che le cose vadano bene, quasi sempre andiamo peggio, facciamo più errori e le nostre performances si riducono.
Cosa determina questa differenza?
Sembra quasi che un demone interno dispettoso e beffardo si diverta a metterci il bastone tra le ruote, proprio quando meno lo vorremmo.
Perché?
La risposta che diamo tutti è dire che quando ci si tiene molto ad una cosa si è più agitati. Vero. Ma cos’è l’agitazione? Come funziona?
Quando stiamo facendo qualcosa senza pensare se quello che facciamo è molto importante, lo facciamo bene, fluidamente, brillantemente, se lo padroneggiamo tecnicamente. Questo avviene perché siamo completamente assorbiti da ciò che siamo facendo. Se stiamo ad esempio facendo un lavoro che sappiamo fare, come montare un mobile, staremo attenti a ciò che stiamo facendo ma non staremo a pensare che se dovessimo sbagliare qualcosa ciò ci comporterebbe delle pesanti e negativi conseguenze…. Potremmo sempre rismontare e rimontare……. Siamo concentrati su ciò che stiamo facendo, senza problemi.
Ma se la stessa attività fosse osservata da un nostro parente che facesse il mobiliere, forse cominceremmo ad essere meno tranquilli….Cominceremmo a pensare che lui potrebbe notare i nostri errori, considerarci poco capaci, un po’ imbranati…e magari potremmo fare qualche sbaglio grossolano e fare una brutta figura….Cominceremmo a sentire quel fastidio, quella tensione che sappiamo di solito non avere…anche se il nostro parente non fosse assolutamente interessato a monitorare la nostra attività per giudicarci. Il lavoro comincerebbe a diventare faticoso quando normalmente è divertente…sentiremmo una tensione anche muscolare, una fatica a concentrarci…ed altro ancora.
Cosa è successo?
Abbiamo perso il qui ed ora e siamo andati nel futuro e nel passato. Non solo ma abbiamo fatto una cosa assolutamente deleteria: abbiamo occupato la mente con altre cose che non c’entrano con il montaggio del mobile. E logicamente, abbiamo ridotto il tempo che il nostro cervello dedica al lavoro di montaggio. Il centro dell’attività mentale è stato occupato da pensieri come: E se adesso sbaglio qui? Cosa penserà? Poi va a finire che mi prende in giro con tutti per mesi….Ma perché non se ne va di la’ a vedersi la TV? Dunque dove ero rimasto? Aspetta che rileggo le istruzioni….penserà che sono stupido…
Ovviamente ora stiamo esagerando, ma l’anatomia della distrazione e dell’ansia è proprio questa.
La mente quindi esce dal presente, da ciò che ha di fronte e corre nel futuro o nel passato, o, per meglio definire il meccanismo mentale, occupa la mente con cose che ha appreso in passato o che ritiene possano accadere in futuro. E’ di tutta evidenza che se “penso” a qualcos’altro che non sia come montare pezzo per pezzo il mobile, attimo dopo attimo, perdo di concentrazione ed efficienza.
Lo “stato di grazia” è dato proprio da quei momenti in cui non ci si preoccupa delle conseguenze e dei rischi delle azioni che si stanno facendo ma si pensa unicamente a fare al meglio le cose che si stanno facendo.
La perdita dello “stato di grazia” non avviene solo quando ci si fa preoccupare dall’esito di ciò che stiamo facendo, ma ANCHE quando ci facciamo prendere da troppa sicurezza, Perché? Perché la troppa sicurezza è ancora una volta un’uscita dal qui ed ora. La troppa sicurezza prende il posto della concentrazione e comincia a girare nella mente con i suoi concetti di vanagloria…”ma cosa vuoi che sia…è fin troppo facile…ci vuole altro per mettermi in difficoltà….è una sciocchezza….Ovviamente queste ed altre considerazione vanitose, sono processi di pensiero che “prendono il posto” del qui ed ora, e….riducono le capacità di operare. Sono fughe nel passato….ricordi di quando si è avuto successo, di quando ce l’abbiamo fatta…Ed infatti è così che ad esempio squadre che avevano già vinto una gara importante si sono fatte raggiungere e superare: per eccesso di sicurezza.
Ecco perché per ottenere le migliori perfomances nella vita non occorre autoipnotizzarsi con “pensieri positivi” che diventano disturbanti come i pensieri e le convinzioni negative, ma occorre cancellare tutti quei processi mentali che portano nel passato o nel futuro, tutti quei pensieri che sono ansia o ricordo.
Quanto più la mente è vuota, tanto più è efficiente.