martedì 25 settembre 2012

EDA COACHING E BUDDHISMO

Sembrerà strano mettere a paragone una cosa cosi “seria” ed importante come la filosofia buddhista e una cosa così concretamente legata al mondo dell'azienda e del miglioramento delle performances come il Personal Coaching.
Si potrebbe affermare che non c'è nesso alcuno tra cercare di migliorare le proprie capacità di vendita, di leadership, oppure di relazione interpersonale, e una religione che recita preghiere, che è piena di riti apparentemente vuoti e ripetitivi e corredata da lunghe e stancanti cerimonie.

Nulla di più sbagliato. Sì, è vero. Il Buddhismo ha sviluppato storicamente diverse forme di religiosità popolare, di devozioni e cosi via, ma l'essenza del pensiero buddhista è cosa ben diversa da questa colorita manifestazione popolare.

Il Buddhismo è un approccio alla vita ed alla sofferenza. Si intende qui sofferenza “mentale” cioè quel fondo di insoddisfazione, di incompiutezza che la maggior parte di noi “sente” nel proprio intimo per la maggior parte del tempo che passa su questa terra.
Il Buddhismo si caratterizza per una ricerca profonda, sapiente, analitica, possiamo anche dire psico-analitica, del funzionamento della mente. Mira ad identificare e risolvere tutti quei processi mentali che portano danno. Si intende qui danno, tutte le emozioni negative, quali rabbia, paura, aggressività, angoscia, afflizione, depressione, apatia, impazienza, insoddisfazione, senza di mancanza.
Chi di noi non ha sperimentato almeno qualche volta, qualcuna di queste emozioni?
Il Buddhismo si prefigge un obiettivo ancora più ambizioso: non solo risolvere la sofferenza mentale, ma il raggiungimento della felicità.
Come si può convenire, la distanza che intercorre tra questi obiettivi e la ricerca del miglioramento personale non è poi così rilevante. Di più: è proprio esigua.

Una delle convinzioni più radicate nelle cultura occidentale è che le cose si possano ottenere con lo sforzo e il sacrificio personale. Siamo stati un po' tutti formati all'idea che “facendo” si ottiene, e che più “sforzo” ci si mette, meglio si riesce.
Ma siamo davvero sicuri che sia proprio così? Certo non facendo nulla è difficile che qualcosa arrivi, ma siamo sicuri che lo “sforzo” sia la strada da percorrere?
Il Buddhismo è stato accusato di essere sostanzialmente nichilista e passivo. Non importa quello che fai qui e ora in questa esistenza, ma ciò che conta è che tu ti liberi dagli attaccamenti. Parrebbe quindi essere completamente insensibile a ciò che si può fare qui ed ora, e che ciò che conta sia la “liberazione” dal ciclo delle esistenze e dalla reincarnazione.
Ma non è affatto così. Il Buddhismo si concentra sulla via di uscita dalla sofferenza, dalla “fatica” esistenziale ed insegna a ripulire la mente da tutto ciò che è di ostacolo a tale uscita.

Uno dei detti del buddhismo dice che ci sono solo due giorni in cui non puoi fare nulla: ieri e domani. Ieri è passato e non può più essere modificato. Domani deve ancora venire e quindi non puoi fare ancora nulla. Quando puoi fare qualcosa? Adesso, oggi, qui ed ora. Ed infatti è vero. Solo adesso è il momento per “fare” e per”sentire” e per “vedere”. Non fra cinque minuti e non cinque minuti fa.

Una delle cose più ovvie ma al contempo meno evidenti nel campo delle performances e del cambiamento personale è che tutto ciò che ha a che fare con le difficoltà operative ed emozionali, l'incapacità di dare il massimo delle proprie capacità in ogni momento, è dovuto a due sole cose: o la mente si sta concentrando sul passato per esempio pensando che, quella cosa “non l'ho mai fatta bene”, oppure concentrandosi sul futuro pensando “ e se non ne sono capace?”
Tutti i processi invalidanti del pensiero hanno a che fare con queste due categorie temporali: il passato ed il futuro.
Quando invece si riesce ad essere concentrati sul presente, pensando esclusivamente a quello che si sta facendo, l'ansia e la preoccupazione scompaiono, perché non c'è lo spazio per “pensarle”.
In EDA lavoriamo molto su questo. Ciò che rende meno efficiente un comportamento professionale, più difficile una relazione interpersonale o famigliare, ciò che provoca tensione ed ansia nel momento di un incontro, di una situazione specifica, è sempre un processo di pensiero che riguarda il passato o il futuro e che fa sì che non si riesca a stare concentrati o meglio ancora attenti a ciò che si sta facendo e dicendo in quel momento.
Queste “fughe” all'indietro o in avanti sono oggetto della metodologia analitica dell'EDA e della tecnica susseguente. L'obiettivo è portare la persona via via sempre più nel “qui ed ora” come di prefigge anche l'insegnamento buddhista.
La nostra filosofia operativa è che non sia necessario immettere nelle persone concetti di vittoria e forza, ma che l'assenza di pensieri disturbanti, di processi invalidanti nel subconscio, siano più che sufficienti per permettere i migliori comportamenti. Non occorre quindi immettere nuovi concetti per ottenere il cambiamento, ma occorre invece togliere quelli che sono di ostacolo.

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