domenica 27 ottobre 2013

ESSERE IN ARMONIA CON SE STESSI





Il processo di meditazione ha uno scopo: acquisire maggiore libertà interiore. Se non ottiene questo non serve a granché.
Ma come si può capire se la meditazione serve a questo scopo? E’ abbastanza facile che mettendosi in una situazione tranquilla, isolati dagli stimoli e ci si mette a concentrarsi sul respiro per trovare la calma, essa si trova. Ci sono pochi dubbi al riguardo. Qualcuno potrà avere qualche difficoltà iniziale ma una volta presa confidenza il controllo del respiro riesce ad indurre calma e concentrazione.
Ma cosa accade quando poi si esce dalla meditazione e si ritorna nel mondo? Nell’ambiente di lavoro, nel traffico, nelle relazioni affettive e familiari?
Si riesce a reagire in modo diverso? A mantenere calma e serenità? A non farsi coinvolgere dallo stress?
Se ci si limita al praticare la meditazione come momento di relax, isolato dal resto della vita, non ci sarà alcuna differenza con il passare un’ora in sauna o in palestra o nel fare una partita a tennis.
Per ottenere davvero dei cambiamenti personali ed esistenziali, occorre che la mente sia resa sgombra e lucida anche nelle situazioni normali.
Ma per ottenere questo è necessario un cambiamento della mente incredibilmente più radicale. E’ necessario che i pensieri subconsci, le reazioni automatiche, le abitudini negative, le ansie e le paure, vengano non solo contenutì e controllatì, ma proprio cancellati dai processi mentali, così che lo stato di calma, di pace e di armonia con se stessi non venga turbato dalle migliaia di stimoli esterni.
Ma per ottenere questo non è sufficiente il controllo del respiro, ma occorre sradicare i pensieri, le forze che fanno invece agitare, impaurire, arrabbiare e così via.
Tali pensieri navigano costantemente sotto la coscienza ed assumono precise forme mentali, precisi pensieri, con precise strutture verbali e correlate emozioni.
Tali forze mentali devono essere identificate e poi trattate fino alla loro cancellazione. Una volta ottenuto questo risultato, il corrispettivo pensiero non opererà più sotto la coscienza obbligando a comportamenti indesiderati, perché esso è stato emozionalmente deprogrammato.

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